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Sono una volontaria della prima ora di Sport Senza Frontiere, nel senso che ho partecipato al loro primo evento di raccolta fondi nel 2011 (l'asta della mostra fotografica "l'importante è vincere!") e da allora non li ho più lasciati. Li ho visti crescere in tutti i sensi: i bambini che il primo anno portavamo sui campi di allenamento erano solo 7, a Roma. Adesso sono più di 400, e sono anche a Napoli, Milano, Torino.
Le società sportive della Rete Solidale nel 2011 erano 5. Adesso sono diventate più di 150, e ogni giorno se ne aggiunge una. Sono aumentati gli Enti Segnalatori, ormai ci cercano per affidarci bambini, ragazzi, migranti e minori non accompagnati. E' stata creata la Rete dei Partner socio-assistenziali, presìdi medici nelle varie città che visitano i nostri bambini, li inseriscono nel sistema sanitario nazionale, li vaccinano. All'ottavo anno di vita, ci avviamo con orgoglio a cambiare passo, a fare il salto tra le onlus più grandi, quelle che fanno la differenza. Forse cambierà tutto, ma non il cuore con cui si seguono i bambini, e le loro famiglie. Uno per uno, come fossero tutti figli. E che bello sarà, da volontaria della prima ora come me, vedere la famiglia crescere…
Milano, periferia est. Lungo una strada fatta di casermoni e null’altro vive A., una bimba di origini marocchine. E’ la sua insegnante a parlarci di lei, preoccupata per le condizioni in cui abita: casa occupata, o meglio, stanza con materassi per terra. Troppo poco per una bimba di 8 anni, la sua mamma, il suo papà, il fratello maggiore e due gemellini appena nati. Niente giochi, niente igiene, niente spazio. Ma la bimba ha un desiderio: imparare il karatè. Allenarsi insieme ai suoi compagni. Così, grazie a Sport Senza Frontiere viene accolta in un’ottima società della zona, dove il padre l’accompagna due volte a settimana, e da un anno e mezzo non perde una lezione.
E finalmente, quando indossa il karate-gi, le brillano gli occhi, dimentica tutto il resto, ha una divisa, ed è orgogliosa di essere uguale a tutti suoi compagni.
V. è stato segnalato a Sport Senza Frontiere dalla psicologa della sua scuola per un forte disturbo comportamentale che lo portava a trascorrere la maggior parte del tempo fuori dall'aula con l'insegnante di sostegno. La sua attenzione si manteneva concentrata su qualsiasi attività per cinque, dieci minuti al massimo. Inoltre aveva problemi legati al sovrappeso, perchè la frustrazione lo portava a mangiare dosi eccessive di cibo e spesso fuori pasto.
La mamma ci ha confessato che "gli dava da mangiare per farlo stare buono". Abbiamo pensato di inserirlo in una disciplina sportiva impegnativa, ma varia: il pentathlon moderno. Ogni giorno G. andava sui campi di allenamento a praticare un'attività sportiva diversa (nuoto, corsa, tiro, equitazione e scherma) e questo, oltre al rapporto con l'allenatore con il quale è scattato un vero e proprio colpo di fulmine, si è rivelato vincente. G. ha fatto enormi progressi e nel giro di due anni si è messo in pari con i compagni di classe, al punto che gli è stato levato il sostegno a scuola... e il passaggio sulla bilancia dal pediatra. Grazie all'intensa attività sportiva, adesso V. mangia in maniera molto più equilibrata e non ingrassa.